Patologia della Mano

Le patologie della mano sono relativamente frequenti, soprattutto nelle persone adulte. Provocano la perdita della funzione e della mobilità negli arti superiori influenzando la vita quotidiana del paziente. La mano è un focolaio di traumi e affezioni con effetti derivati di vario genere, dalle fratture del palmo con affezione globale alle lesioni individuali di ogni dito. La presenza di deformità, dolore, mancato consolidamento, difficoltà di mobilità, amputazioni o mutilazioni della mano e delle dita, tra gli altri fattori, definiscono il ventaglio di quadri più comune che vengono affrontati. Per questo la diagnosi precoce e un trattamento e soluzione chirurgica adeguati sono fondamentali in un profilo di patologie con impatti determinanti su aspetti quali l’indipendenza personale, l’attività lavorativa, la pratica dello sport o di qualsiasi altro genere di attività nel tempo libero.

Una frattura della mano consiste nella rottura di una delle numerose ossa della mano. Tra queste ci sono le piccole ossa delle dita (le falangi) e le ossa lunghe all’interno del palmo (i metacarpi). Una frattura può essere causata da una caduta, da una lesione da schiacciamento, da una lesione da torsione o da un trauma diretto come un pugno contro una parete o un trauma sportivo.

Nella maggior parte dei casi, una frattura della mano non necessita di un trattamento chirurgico. A seconda del tipo e della posizione della frattura, il trattamento può includere l’uso di un gesso, una stecca metallica o un tutore per un certo periodo di tempo. Fratture più gravi o fratture non allineate correttamente, tuttavia, potrebbero necessitare di un intervento chirurgico correttivo

Le ossa della mano includono:
•Falangi: queste sono le piccole ossa che formano il pollice e le dita. Ci sono due falangi nel pollice e tre in ciascun dito.
• Metacarpi: sono le cinque ossa che si trovano nel palmo della mano.

La frattura della mano più comune è la frattura del quinto metacarpo, l’osso della mano che sostiene il mignolo. Questa è comunemente chiamata “frattura del pugile” e coinvolge il “collo” dell’osso vicino all’articolazione delle nocche. La frattura di un pugile è causata più spesso da un pugno o dal colpire un oggetto duro quando la tua mano è chiusa.

Perché si verifica?
Un trauma diretto è la causa più comune di frattura di un metacarpo o di una falange. Ciò può verificarsi con la mano che colpisce un altro oggetto o con la mano che cade da un’altezza e colpisce il pavimento o un oggetto solido. Durante l’attività sportiva o lavorativa i traumi alla mano sono molto frequenti, così come durante gli incidenti stradali. Le fratture della mano possono accompagnarsi a ferite importanti che coinvolgono tendini e nervi della mano.

Quali sono i principali sintomi?
I pazienti con frattura della mano presentano un dolore immediato, di intensità variabile a seconda del tipo di frattura. Segni e sintomi di una frattura della mano possono includere:
• Rigonfiamento e tumefazione
• Lividi ed ematomi
• Dolore
• Deformità
Incapacità o difficoltà a muovere il dito e chiudere a pugno la mano
In caso di “frattura del pugile”, la nocca del paziente può sembrare incavata o depressa. Ciò è causato dallo spostamento o dall’angolazione dell’estremità o “testa” dell’osso metacarpale.

L’esame clinico
Il medico chiederà al paziente di piegare e aprire le dita della mano per assicurarsi che queste siano ben allineate e non abbiano deviazioni o rotazioni sbagliate durante la flessione. Oltre a ciò il medico valuterà eventuali ferite e che altre strutture della mano non siano state coinvolte durante il trauma o l’incidente stradale. Le fratture di metacarpi e falangi possono infatti accompagnarsi a ferite che coinvolgono tendini e nervi della mano.
Indagini

Le radiografie semplici sono il cardine della valutazione delle fratture metacarpali. In alcuni casi potrà essere richiesto un approfondimento TAC per valutare meglio i frammenti della frattura e programmare un eventuale intervento chirurgico.

Trattamento non chirurgico
La maggior parte delle fratture della mano non richiedono un trattamento chirurgico, se non è presente un problema di rotazione o di importante interessamento articolare. Tuttavia, la mobilitazione precoce è la chiave per un esito positivo. Per questo motivo, talvolta, può essere valutato un intervento chirurgico volto ad anticipare i tempi di recupero. Se una frattura non si allinea in una posizione accettabile, il medico potrà riallineare i frammenti ossei manipolandoli dall’esterno senza fare un’incisione. Questa procedura è chiamata riduzione chiusa. È possibile poi applicare un gesso, una stecca o un tutore per mantenere le ossa in giusta posizione, con un allineamento accettabile, mentre guariscono. Il gesso può estendersi dalla punta delle dita quasi fino al gomito. Il medico probabilmente ordinerà una seconda serie di radiografie, entro 1 o 2 settimane dal trauma, per garantire e controllare che le ossa stiano guarendo nella posizione corretta. A seconda della posizione e della stabilità della frattura, potrebbe essere necessario indossare il gesso per 3-6 settimane. Alcuni tipi di fratture delle falangi possono essere protette indossando una stecca metallica  o”legando il dito ad un amico” cioè un dito adiacente non ferito. Il dito non ferito funge da “stecca mobile” per sostenere il dito ferito.
Una precisazione la merita la frattura del quinto metacarpo (del dito mignolo). Questa è la frattura più frequente della mano, ma anche quella che può accettare un maggior grado di angolazione e deformità, senza problemi funzionali.

Trattamento chirurgico
Viene di solito riservato alle fratture angolate, con problemi di rotazione, o che coinvolgono la superficie articolare. Le fratture che coinvolgono l’indice e nel medio hanno una maggiore probabilità di richiedere un trattamento chirurgico a causa dell’incapacità di tollerare anche una minima deformità angolare su questo lato della mano. Il trattamento chirurgico prevede il riallineamento delle ossa o dei frammenti rotti attraverso un’incisione cutanea. Piccoli dispositivi metallici, come fili, viti e placche possono essere utilizzati per tenere in posizione i pezzi di osso fratturato.

Riabilitazione post-operatoria
La mobilizzazione precoce della mano aiuta la guarigione e impedisce ai tendini di attaccarsi all’osso sottostante. Una mobilizzazione precoce insieme ad una attenta fisioterapia volta ad evitare aderenze cicatriziali e ripristinare l’arco completo di movimento sono alla base di un buon recupero funzionale dopo una frattura della mano.

Si parla di frattura delle falangi quando vi è un’interruzione della continuità in una o più delle tre ossa (o due, nel caso del pollice) che compongono lo scheletro delle dita. I sintomi principali sono dolore a riposo e con il movimento del dito interessato, gonfiore ed ematoma superficiale.

Che cos’è la frattura della falange?
Le dita delle mani e dei piedi sono tra le parti del corpo più soggette a infortuni e fratture, dovute alle normali attività quotidiane e allo sport. I casi di infortuni alle dita sono i più comuni anche a causa della loro delicata struttura: le dita sono formate dalle falangi, che si articolano tra loro per consentire movimenti complessi. Una falange è una delle 14 ossa, che in ciascuna mano e in ciascun piede, costituiscono lo scheletro delle dita e, il corpo umano, ne comprende complessivamente 56 (28 nelle mani e altre 28 nei due piedi). Alcune di loro, hanno anche l’importante compito di supportare i muscoli nel corretto svolgimento dei movimenti quotidiani di flessione o estensione delle dita della mano. Come tutte le ossa del corpo umano, anche la falange può subire una frattura, che di norma, è un infortunio di lieve entità, insorto generalmente a seguito di eventi traumatici ai danni delle dita della mano. Il pollice, l’indice, il medio e il mignolo sono le dita che si fratturano più di frequente, sia negli adulti che nei bambini.

Quanti tipi ne esistono?
Le fratture più comuni delle dita della mano sono principalmente di due tipologie:
• Fratture da Avulsione;
• Fratture da Compressione.

Le fratture da avulsione si verificano quando un frammento dell’osso si distacca dalla massa principale a seguito di un trauma fisico. Questa tipologia di frattura può verificarsi in seguito a cadute o sollecitazioni improvvise dei tendini della mano che, di conseguenza, compromettono l’integrità dell’osso.

Le fratture da compressione invece riguardano spesso la punta delle dita, realizzando quindi le fratture della falange distale. Solitamente sono la conseguenza di una lesione da schiacciamento, come ad esempio un colpo di martello, che provoca gonfiore, dolore alla palpazione ed in alcuni casi anche il sollevamento dell’unghia. La zona interessata, in questo tipo di frattura può diventare più sensibile e rimane tale per molto tempo anche dopo la guarigione.

Quali sono i principali sintomi?
Il sintomo più comune in caso di frattura della falange della mano è il forte dolore percepito subito dopo il trauma, la deformità del segmento interessato e la difficoltà nel compiere i movimenti.

Dopo il trauma è possibile notare ulteriori sintomi come:

• Gonfiore: dopo circa 5-10 minuti dal trauma, il dito tende a diventare più gonfio, rigido e si riesce a muovere con molta fatica. Il gonfiore e il dolore non sono localizzati, potrebbero quindi estendersi anche alle falangi adiacenti.Livido: in caso di gravi fratture della falange, sarà visibile un ematoma dovuto al sangue rilasciato in seguito al trauma.
• Formicolio: quando il gonfiore diventa eccessivo, è possibile avvertire una sensazione di formicolio a causa dalla compressione dei nervi delle dita.
• Sollevamento dell’unghia: in questi casi l’unghia appare di colore nero bluastro e può sollevarsi. Se l’unghia è gravemente lesionata, spesso rimane deforme.
• Iperestesia: Dopo una grave frattura delle dita della mano, a volte la sensibilità nella zona interessata aumenta e rimane tale per molto tempo dopo la guarigione.

Quali sono le cause?
Le fratture alle falangi, sono causate da eventi di tipo traumatico, come ad esempio un colpo oppure uno schiacciamento. Una delle principali cause di una frattura alle dita, è la caduta, ed in particolare il tentativo di attutirla che ci porta ad estendere la mano. Gli sport che comportano il contatto fisico possono provocare tali cadute, insieme a sport come il pattinaggio, lo sci, o lo snowboard. Le fratture possono inoltre essere causate da traumi alla mano in situazioni caratterizzate da impatti violenti, come un incidente d’auto.

Diagnosi
In caso di frattura è necessario recarsi al pronto soccorso, soprattutto se:
• il problema è chiaramente grave: ad esempio, è la conseguenza di un incidente stradale;
• sono presenti diverse lesioni;
• sono presenti delle complicanze: ad esempio, perdita di sensibilità nella parte interessata o l’impossibilità di muoverla;

Il medico, soprattutto se la frattura è la conseguenza di un evento grave, deve effettuare:

• Misurazione della pressione arteriosa: la pressione sanguigna è bassa nei casi in cui si verifica la perdita di molto sangue.
• Valutazione della sensibilità cutanea: il medico in questi casi valuta la presenza di sensazioni anomale, quali pizzicore, formicolio o intorpidimento, che suggeriscono un danno a carico dei nervi.
• Esami di diagnostica per immagini: per diagnosticare le fratture il medico può prescrivere alcuni esami diagnostici come Radiografie, Risonanza magnetica per immagini (RMI), •Tomografia computerizzata (TC).

Chi sono i soggetti più a rischio?
La frattura della falange, è una delle più comuni nell’arto superiore e rappresenta il 10% di tutte quelle che possono colpire il sistema scheletrico umano. I soggetti più a rischio di frattura falangea sono di età compresa tra i 10 ed i 40 anni, ovvero il periodo in cui l’esposizione atletica e lavorativa è maggiore. Alcuni sport come la pallavolo ed il basket incrementano infatti la probabilità di cadute o di impatti con la palla che possono danneggiare le falangi.

Trattamenti
Il trattamento della frattura della falange della mano può variare in base alla gravità riscontrata. Nelle prime fasi, previa anestesia, vengono manipolati i frammenti dell’osso riposizionandoli nel modo corretto e, successivamente, procede attuando le seguenti terapie:

• Limitazione del movimento: per favorire la guarigione delle ossa è necessario limitare il movimento dell’area interessata attraverso l’applicazione di un gesso o di un tutore.
• Terapia farmacologica: possono essere prescritti farmaci antidolorifici per ridurre il dolore o antibiotici se la frattura è esposta.
• Chirurgia: nei casi più gravi, alcuni pazienti possono avere bisogno di fili metallici, viti e placche per guarire, la cui funzione è di tenere le ossa nella posizione corretta.
• Fisioterapia: gli esercizi di riabilitazione sono particolarmente indicati per il ripristino del movimento delle dita della mano. Una frattura può richiedere diversi mesi per guarire, durante i quali il medico monitora i progressi per comprendere se il trattamento scelto sia adeguato alla situazione.

Trattamento nei bambini
Nei bambini le fratture sono spesso trattate in modo diverso rispetto a quelle degli adulti, perché le ossa sono più piccole, più flessibili ad ancora in crescita.
La maggior parte delle fratture, nei bambini, guariscono più in fretta e senza lasciare esiti rispetto a quelle degli adulti.

Percorso riabilitativo
L’obiettivo principale della riabilitazione in caso di frattura della falange della mano è il recupero del movimento e della funzionalità. La guarigione della frattura avviene dopo circa 4-6 settimane, periodo in seguito al quale, viene suggerito un percorso fisioterapico. I pazienti trattati chirurgicamente invece, se la falange operata è sufficientemente stabile, possono iniziare la fisioterapia dopo pochi giorni, in modo da ridurre il rischio di riscontrare una rigidità delle articolazioni delle dita. I tutori su misura aiutano inoltre ad utilizzare la mano proteggendo le articolazioni della falange. Il tempo di recupero e l’esito, dipendono principalmente dalla gravità del trauma e dalla complessità della frattura.

La sindrome del tunnel carpale causa sensazione di formicolio, spilli e scosse elettriche alla superficie palmare delle prime tre dita della mano, in particolare al polpastrello. I disturbi si accentuano spesso durante la notte facendo svegliare il paziente. Rispetto a quanto creduto, il dito mignolo non è mai interessato in questa patologia. Giovani e anziani possono esserne affetti. Nei casi avanzati il formicolio si accompagna a problemi del tatto, con scarsa sensibilità, e riduzione della forza della mano, con sensazione di caduta degli oggetti. L’inquadramento clinico precoce di questa patologia è molto importante per instaurare il corretto iter terapeutico. L’esame clinico servirà a individuare chi necessita da subito di un trattamento chirurgico oppure può essere trattato in modo conservativo.

Cos’è?
La sindrome del tunnel carpale consiste in una compressione del nervo mediano a livello del polso. Il nervo mediano e anche i tendini che piegano le dita passano dall’avambraccio alla mano attraverso uno stretto tunnel sulla parte anteriore (lato del palmo) del polso, chiamato tunnel carpale. In questo tunnel, il nervo mediano può restare compresso oppure restare adeso alla sua parete e provocare i sintomi tipici della sindrome. Spesso coesistono tendiniti o tenosinoviti dei tendini flessori che aumentano il volume all’interno del canale carpale con conseguente sviluppo di sintomatologia tipica.

Chi colpisce e perchè si verifica?
Può verificarsi in qualsiasi paziente, ma è più comune nelle donne di età superiore ai 40 anni, in particolare nel periodo peri- e post-menopausale. Nella maggior parte dei pazienti, la causa è ancora sconosciuta. Tuttavia ci sono una serie di condizioni mediche che predispongono i pazienti alla sindrome del tunnel carpale. Queste includono gravidanza, malattie della tiroide, diabete, artrite reumatoide e lesioni a livello del polso. Atleti come i ciclisti, i motociclisti, i giocatori di tennis o lavoratori manuali che eseguono movimenti ripetitivi con i polsi e le mani hanno maggior probabilità di sviluppare la sindrome del tunnel carpale. Il microtraumatismo legato all’attività sportiva o lavorativa determina un ispessimento del legamento trasverso del carpo e rappresenta un innegabile fattore di rischio addizionale, anche se, raramente, è responsabile, da solo, di sindrome del tunnel carpale.

Quali sono i principali sintomi?
Classico sintomo della sindrome del tunnel carpale è rappresentato dal formicolio diffuso alla mano. Questo colpisce principalmente il dito pollice, indice, medio e metà del dito anulare. Il formicolio, associato a piccole scosse elettriche e sensazione di spilli, solitamente si accentuata durante la notte ed è tale da svegliare il paziente, con necessità di agitare le mani e muovere ripetutamente le dita per far scomparire il formicolio. Altre attività provocatorie sono rappresentate dal guidare un’auto, leggere un giornale oppure guidare la bicicletta e la moto.
Gli spilli e gli aghi possono anche talvolta associarsi ad un senso di gonfiore delle dita.
Lentamente nel tempo il paziente percepisce una progressiva perdita di sensibilità alle prime tre dita della mano: pollice, indice e medio. Importante distinguere il formicolio del mignolo che non è dovuto alla sindrome del tunnel carpale, ma ad una compressione del nervo ulnare al gomito oppure a disturbi della cervicale.
Occasionalmente nei casi più avanzati, i muscoli sulla parte anteriore del palmo alla base del pollice possono indebolirsi con conseguente sensazione di minor forza e di oggetti che tendono a cadere di mano (fase pratica della sindrome del tunnel carpale).

Esame clinico
L’esame clinico è da solo capace di fare diagnosi corretta di sindrome del tunnel carpale, ed è volto non solo a confermare la diagnosi ma ad escluderne altre cause, come le tenosinoviti. Uno studio elettromiografico viene spesso utilizzato per confermare la diagnosi e assicurare una corretta diagnosi differenziale.

Trattamento non chirurgico
Il trattamento conservativo è indicato nelle forme di recente insorgenza, in presenza di disturbi lievi e in assenza di segni neurologici importanti, spesso con elettromiografia indicativa di una compressione nervosa leggera. Semplici antidolorifici e tutori a riposo possono offrire aiuto. I tutori steccati, che evitano movimenti del polso, possono essere di particolare beneficio durante la notte. Nei casi iniziali, irritativi, un’iniezione di steroidi nel tunnel carpale può essere curativa e migliorerà i sintomi anche in modo definitivo. Tuttavia, anche nei casi lievi, in quei pazienti che non desiderano un’iniezione o in cui il trattamento conservativo dà solo un beneficio temporaneo, può essere intrapreso un trattamento chirurgico.

Trattamento chirurgico a cielo aperto
Viene svolto con procedura ambulatoriale, spesso in anestesia locale. L’intervento può essere eseguito a cielo aperto (mediante incisione di 4 cm) e consiste principalmente nella sezione di una fascia di tessuto chiamata legamento trasverso del carpo. Questa struttura rappresenta il tetto del tunnel carpale e deve essere incisa lungo tutto il suo decorso per consentire la decompressione del contenuto del tunnel carpale e quindi del nervo mediano al suo interno. Dopo aver rilasciato questo legamento, il contenuto del tunnel carpale viene ispezionato per garantire un rilascio adeguato del nervo mediano e sbrigliare le sue aderenze (intervento di neurolisi). E’ possibile effettuare anche una sinoviectomia dei tendini flessori, qualora presente.

Riabilitazione post-operatoria
Il paziente può tornare a casa subito dopo l’operazione con una piccola stecca gessata di polso con le dita libere. La mano dovrebbe essere mantenuta sollevata il più possibile per i primi 5 giorni per evitare che la mano e le dita si gonfino. La mano può essere utilizzata per le normali attività senza sforzi fino alla rimozione dei punti di sutura e della stecca gessata dopo 2 settimane dall’intervento chirurgico. Successivamente è opportuno evitare di afferrare o sollevare oggetti pesanti per altre 2-3 settimane.
Il paziente noterà un miglioramento dei sintomi entro una settimana, ma il risultato finale può essere realizzato in circa 3 mesi, soprattutto nei pazienti che si sottopongono in modo tardivo all’intervento chirurgico.

Intervento chirurgico mini invasivo endoscopico
La chirurgia mini invasiva endoscopica prevede l’inserimento nel tunnel carpale di un dispositivo sottile chiamato endoscopio a cui è collegata una telecamera. Attraverso una piccola incisione estetica di circa 2 cm effettuata al polso, prima del palmo della mano, l’endoscopio viene inserito per permettere al chirurgo di visualizzare le strutture all’interno del tunnel carpale. Il chirurgo quindi riesce sotto visualizzazione diretta a sezionare il legamento trasverso del carpo, in modo da liberare il nervo mediano compresso al suo interno. L’incisione è molto estetica e può essere suturata con punti riassorbibili che non necessitano rimozione. Si tratta di un intervento ambulatoriale in anestesia locale che ti consente di tornare a casa subito dopo la procedura chirurgica.

Ci si può aspettare un periodo di recupero più breve rispetto a un intervento chirurgico a cielo aperto, perché la procedura non richiede una grande incisione nel palmo, che disturba un’area più ampia della mano. Una persona che per esempio ha particolari esigenze lavorative, che necessita di un intervento chirurgico su entrambi i polsi, o che dipende da una sedia a rotelle, un deambulatore o le stampelle, può scegliere la chirurgia endoscopica perché il tempo di guarigione può essere ridotto rispetto alla chirurgia a cielo aperto.

Ci sono quindi diversi vantaggi comprovati per un release endoscopico:
• Recupero più rapido
• Assenza di cicatrice sul palmo della mano
• Minor disagio operatorio e postoperatorio
• Possibilità di effettuare bilateralmente l’intervento in una sola seduta

I pazienti sono in media più soddisfatti del trattamento endoscopico rispetto al trattamento a cielo aperto, ma non tutti i pazienti sono candidati ideali a questa chirurgia per cui è necessario discutere bene con il chirurgo la scelta sul miglior trattamento da effettuare.

Ritornare alle attività della vita quotidiana
Si consiglia mantenere la ferita coperta, pulita e asciutta fino a quando non sarà completamente guarita.

• Tornare alla guida: in ogni momento è necessario essere in grado di gestire la propria auto in caso di emergenza, come evitare una collisione. La mano destra deve avere il pieno controllo della leva del cambio e la mano sinistra del volante. È probabile che sia opportuno ritardare di qualche giorno il rientro alla guida.
• Ritorno al lavoro: ognuno ha un ambiente di lavoro diverso e potrebbe essere saggio chiedere consiglio al proprio chirurgo in merito.

Le attività leggere sulla scrivania possono riprendere immediatamente dopo l’intervento chirurgico, ma si dovrebbe evitare un ritorno al lavoro manuale pesante per circa 4-6 settimane. Il ritorno prematuro al lavoro pesante può causare problemi di cicatrizzazione della cute, dei tendini e del nervo nel legamento rilasciato.

Il paziente noterà un miglioramento dei sintomi entro una settimana, ma il risultato finale può essere realizzato in circa 3 mesi, soprattutto nei pazienti che si sottopongono in modo tardivo all’intervento chirurgico. Nei casi di sindrome del tunnel carpale grave in cui i muscoli della mano sono stati gravemente indeboliti, la forza e la funzione della mano possono essere limitate anche dopo l’intervento chirurgico. Ci vorranno alcuni mesi per recuperare la forza ed il tono muscolare.

La rizoartrosi è l’artrosi dell’articolazione alla base del pollice. La cartilagine dell’articolazione alla base del pollice, nota come articolazione trapezio-metacarpale, inizia infatti a consumarsi e si instaura una condizione patologica dolorosa chiamata proprio rizoartorsi. I movimenti del pollice e della mano, in particolare le prese di oggetti piccoli tra pollice e indice, diventano dolorosi. Nei casi avanzati si ha una riduzione del movimento, gonfiore e comparsa di un aspetto deformato del pollice. L’artrosi del pollice rende difficile svolgere compiti semplici, come girare una chiave, svitare il tappo di una bottiglia o aprire la maniglia di una porta. La patologia è più comune nelle donne che negli uomini e di solito si verifica dopo i 40 anni di età. Il trattamento iniziale generalmente prevede una combinazione di farmaci e tutori. L’artrosi grave o non rispondente al trattamento conservativo potrebbe invece richiedere un intervento chirurgico.

Cos’è la rizoartrosi?
Un’articolazione si forma quando due ossa entrano in reciproco contatto tra di loro consentendo il movimento. Le ossa delle articolazioni sono rivestite da uno strato di cartilagine senza il quale sfregherebbero l’una contro l’altra, causando attrito e danni all’articolazione.

L’artrosi è un processo che si verifica con l’invecchiamento e si instaura quando la cartilagine inizia a consumarsi.

La rizoartrosi è l’artrosi della base del pollice. La cartilagine dell’articolazione alla base del pollice, nota come articolazione trapezio-metacarpale, inizia infatti a consumarsi e si instaura una condizione patologica dolorosa chiamata proprio rizoartorsi. Dolore nelle prese tra pollice e indice, riduzione del movimento, gonfiore e deformità del pollice sono sintomi tipici. Esistono due tipi di rizoartrosi: primaria e secondaria.

Chi colpisce e perchè si verifica?
L’artrosi primaria, o rizoartrosi, è una semplice usura della cartilagine alla base del pollice. È più comune nelle donne, anche se certamente gli uomini possono sviluppare questo tipo di problema. In genere, la rizoartrosi si verifica dopo i 40 anni di età. Carichi anormali e ripetuti nel tempo attraverso l’articolazione trapezio-metacarpale possono favorire l’usura della cartilagine articolare.  Talvolta esiste una certa predisposizione familiare allo sviluppo di questa condizione.

L’artrosi secondaria si verifica spesso a distanza di anni da una frattura o da un trauma dell’articolazione trapezio-metacarpale che causano un anomalo sfregamento delle superfici ossee e quindi l’usura dell’articolazione. Bisogna distinguere poi l’artrosi dall’artrite: quest’ultima non è una malattia degenerativa come l’artrosi. ma una patologia infiammatoria cronica, spesso autoimmune.

Quali sono i principali sintomi?

Il dolore localizzato alla base del pollice è il sintomo più comune. Inizialmente compare solo a fase alterne e viene accentuato solo a seguito di sforzi eccessivi, ma con il tempo tende a peggiorare e diventare sempre più costante. Attività della vita quotidiana diventano dolorose, talvolta impossibili da effettuare: per esempio aprire il tappo di un barattolo o di una bottiglia, girare una chiave, impugnare piccoli oggetti o aprire la maniglia di una porta. Il pollice perde gradualmente forza con sensazione di caduta di oggetti, spesso proprio a causa del dolore. Nei casi avanzati il pollice diventa rigido e inizia a deformarsi fino a creare una protuberanza ossea molto sporgente alla base del pollice (“pollice a zeta”).

Esame clinico

Il medico specialista chiederà informazioni riguardo i sintomi, il tipo di dolore, le attività che aggravano il dolore e le eventuali lesioni precedenti. Il medico poi passerà alla valutazione del pollice, indagando sulla presenza di gonfiore e deformità ossee. La palpazione dolorosa della base del pollice è molto significativa per rizoartrosi, specie se associata a movimento.

Test specifici includono l’Axial Grind Test, in cui il pollice viene spinto lungo il suo asse lungo verso la base del pollice (trapezio) e il test di riduzione che comporta una pressione dolorosa alla base del pollice. Se da questi test risulta dolore, o se si sente un suono stridente (crepitio), le ossa si sfregano direttamente l’una contro l’altra.

Molte persone con artrite alla base del pollice hanno anche sintomi della sindrome del tunnel carpale.

Indagini

Radiografie con proiezioni specifiche del pollice aiutano a comprendere meglio il grado di usura, la quantità di perdita di spazio articolare e la formazione di osteofiti. Importante valutare il grado di interessamento di usura anche delle articolazioni vicine. Una radiografia può mostrare non solo il deterioramento dell’articolazione, ma anche la presenza di eventuali speroni ossei o depositi di calcio che si sono sviluppati.

Trattamento conservativo

Nelle fasi iniziali questo deve essere necessariamente intrapreso prima di qualsiasi intervento chirurgico e consiste in:

  • Riposo, ghiaccio, antidolorifici e farmaci antinfiammatori
  • Evitare attività provocatorie e irritanti.
  • Indossare un tutore su misura per limitare il movimento del pollice e consentire all’articolazione di riposare e guarire. Il tutore può proteggere sia il polso che il pollice. Può essere indossato durante la notte o a intermittenza durante il giorno, ma deve essere preferibilmente confezionato su misura da un terapista della mano
  • Esercizi di stabilizzazione
  • Infiltrazioni intra-articolari

Poiché la rizoartrosi è una malattia progressiva e degenerativa, la condizione può peggiorare nel tempo. La fase successiva del trattamento prevede l’iniezione di cortisonici o Acido Ialuronico direttamente nell’articolazione. Le infiltrazioni di solito forniscono sollievo per diversi mesi. Tuttavia queste, non possono essere ripetute all’infinito.

Trattamento chirurgico

Se il trattamento conservativo non ha dato benefici a lungo termine, alcuni pazienti possono scegliere di sottoporsi all’ intervento chirurgico.
Lo scopo della chirurgia è impedire che le due estremità dell’osso si sfreghino l’una contro l’altra.
Le opzioni chirurgiche disponibili sono molte e vanno discusse attentamente tra medico e paziente. Il tipo di trattamento può essere scelto in base all’età del paziente e alle sue esigenze funzionali, oltre che dal grado di usura delle articolazioni interessate e dalle preferenze del proprio chirurgo.
Opzioni chirurgiche principali sono rappresentate da interventi chirurgici di:

  • Trapeziectomia: rimuovere l’osso trapezio e lasciare che lo spazio si riempia di tessuto cicatriziale
  • Artroplastica in sospensione: viene rimosso il trapezio ed eseguita una sospensione prendendo una piccola parte di tessuto da un tendine vicino che viene interposta ad impedire il collasso del metacarpo
  • Artrodesi: il trapezio viene fuso insieme al metacarpo per creare un’articolazione forte ma immobile
  • Protesi articolare: viene inserita una protesi articolare artificiale tra le superfici articolari usurate

La decisione su quale sia l’intervento chirurgico più appropriato viene presa tenendo conto delle esigenze funzionali del paziente e della radiografia preoperatoria.
La chirurgia viene eseguita in anestesia loco-regionale (addormentando l’intero braccio). Il decorso postoperatorio dipenderà dal tipo di trattamento chirurgico eseguito.

Wide-Awake surgery è la nuova modalità di approccio chirurgico alla mano e all’arto superiore che consente di operare tenendo il paziente sveglio.

La nuova tecnica proposta si basa su una procedura che in verità veniva già utilizzata in passato in chirurgia generale per interventi sottocutanei (asportazioni di nevi, safenectomie, cisti sottocutanee ecc); ovvero un’ iniezione sottocutanea di una miscela di farmaci accuratamente bilanciata, tra cui anestetici e adrenalina, che crea nel territorio in cui si opera una zona di anestesia con assenza di sanguinamento per effetto della vasocostrizione dell’adrenalina (quindi come se ci fosse un laccio emostatico sul braccio).

La novità in tutto questo risiede nel fatto che la mano è sempre stato ritenuto un organo pericoloso in cui iniettare tali farmaci, poiché qui si intrecciano in pochi millimetri di spazio strutture nervose, vene, arterie, tendini, legamenti ed infine ossa e, inoculare dosaggi sbagliati o, in punti
pericolosi, può creare danni ai tessuti, oltre a non garantire una buona anestesia al paziente.

Quali sono i benefici?
• Anestesia sul territorio di azione
• Assenza di sanguinamento locale, (il paziente non deve sopportare la chiusura fastidiosa del bracciale emostatico sul braccio per decine di minuti)
• Possibiltà da parte del Paziente di muovere attivamente la mano durante l’intervento (perché il blocco nervoso riguarda solo le terminazioni sensitive, non motorie, questo significa che il chirurgo dopo aver effettuato le “riparazioni” del caso, può far chiudere ed aprire la mano al Paziente immediatamente durante l’intervento, così da vedere come si muovono da subito le articolazioni e i tendini, e valutare anche il corretto allineamento delle dita).
• Non occorre un ricovero notturno, ma il Paziente può essere dimesso in giornata.

Il dito a scatto, definito anche tenosinovite stenosante dei tendini flessori, è un’infiammazione dei tendini flessori di un dito, che si manifesta con la formazione di un nodulo tendineo doloroso alla base del dito interessato. Questo causa il caratteristico scatto nei movimenti di flessione e di estensione del dito, dovuto alla difficoltà meccanica incontrata dal nodulo a scorrere al di sotto della puleggia basale. Lo scatto è spesso accompagnato da dolore e da conseguente difficoltà nei movimenti.

Quali sono le cause?
Questo disturbo può insorgere per differenti cause come: un uso faticoso della mano (da cui infiammazione, dolore, gonfiore), patologie di tipo reumatico che coinvolgono i tendini e che possono interessare tutte le età della vita (con prevalenza tra i 40 e i 60 anni e soprattutto il sesso femminile), patologie sistemiche come il diabete, l’artrite e patologie legate alla tiroide.

Quali sono I sintomi?
Tra i sintomi del dito a scatto si riconoscono: gonfiore del dito, indolenzimento alla base, limitazione articolare con difficoltà di movimento, dolore che si può estendere fino al polso e nei casi più gravi, il dito potrebbe rimanere in posizione chiusa senza più riuscire a estendersi.

La diagnosi
La diagnosi si effettua attraverso un esame clinico che procede con la palpazione dell’ingrossamento del tendine nel canale digitale, spesso doloroso a livello della base dell’articolazione metacarpo-falangea; per maggior completezza possiamo effettuare un’ecografia, che permette di indagare la struttura del tendine e il suo movimento”, aggiunge il medico.

Trattamenti
Il trattamento del dito a scatto si basa fondamentalmente sull’utilizzo di farmaci ad azione antinfiammatoria, soprattutto nelle fasi iniziali o acute. Molto spesso si ricorre anche a terapie di tipo fisico-fisiatrico; a questo proposito, l’utilizzo delle onde d’urto focalizzate ha dato, negli ultimi anni, notevoli soddisfazioni nel trattamento incruento di questa patologia.

Quando queste terapie non funzionano e il disturbo si protrae, è necessario optare per la soluzione chirurgica. L’intervento che prevede la liberazione dei 2 tendini o del tendine del pollice (nel caso venga colpito quest’ultimo) effettuando l’apertura della troclea basale, cioè la parte centrale del canale digitale. È questo il punto in cui si crea infatti il conflitto fra i tendini flessori gonfi e il canale digitale.

Percorso riabilitativo
Ovviamente, dopo l’intervento di liberazione dei tendini, si deve aggiungere sempre un trattamento fisiatrico di supporto che si basa fondamentalmente su ginnastica, kinesi e ripresa immediata della funzione di scorrimento dei due tendini, per evitare fenomeni aderenziali”. È importante eguire in maniera costante il programma di esercizi fissati dal fisioterapista. L’intervento di dito a scatto può sembrare semplice e banale ma richiede una grande collaborazione da parte del paziente.

La malattia di Dupuytren è una condizione che colpisce la fascia della mano, quello strato di tessuto fibroso che si trova sotto la pelle del palmo e delle dita. Nei pazienti con Dupuytren, la fascia si ispessisce, quindi si restringe nel tempo. Ciò fa sì che le dita vengano tirate verso l’interno, verso il palmo, provocando quella che è nota come “contrattura di Dupuytren”. Il peggioramento della contrattura di Dupuytren può interferire con la funzionalità della mano, rendendo  difficile lo svolgimento di attività di vita quotidiana. In questi casi sono disponibili opzioni di trattamento chirurgico e non chirurgico per aiutare a rallentare la progressione della malattia e recuperare il movimento delle dita colpite.

Cos’è?
La fascia della mano è uno strato di tessuto fibroso che ancora e stabilizza la pelle agli strati profondi del palmo per favorire le funzioni di presa. Senza la fascia la pelle del palmo della mano sarebbe lassa e mobile come quella del dorso e quindi meno efficace nell’afferrare gli oggetti. Nei pazienti con malattia di Dupuytren, questa fascia palmare inizia lentamente ad ispessirsi, quindi a stringersi. Spesso, il Dupuytren viene rilevato per la prima volta quando si formano grumi di tessuto, o noduli, sotto la pelle del palmo. Il nodulo può essere seguito da una piccola fossetta sulla superficie del palmo perché il tessuto malato tira sulla pelle sovrastante.
Man mano che la malattia di Dupuytren progredisce, nel palmo e nelle dita si sviluppano spesse corde che possono progressivamente piegare le dita. Questa considizone è chiamata “contrattura di Dupuytren”. Sebbene le corde nel palmo possano sembrare tendini, i tendini non sono coinvolti nella sindrome di Dupuytren.

Chi colpisce e perchè si verifica?
Di solito colpisce maschi di età superiore ai 40 anni, meno frequentemente le femmine. La causa della malattia di Dupuytren non è completamente nota, ma la maggior parte degli studi indica che la genetica ha un ruolo importante.
Ci sono segnalazioni aneddotiche di comparsa o peggioramento di Dupuytren dopo che un paziente ha subito una lesione o una ferita aperta (incluso un intervento chirurgico) alla mano; tuttavia, non ci sono buone prove a sostegno di ciò. Non ci sono inoltre prove convincenti che suggeriscano che sia causato da un uso eccessivo della mano.

Nella fascia palmare ci sono cellule chiamate miofibroblasti. Nella malattia di Dupuytren queste cellule si moltiplicano, proliferano e alla fine si contraggono. Si formano così noduli e corde che possono trazionare gradualmente le dita verso il palmo limitando il movimento in estensione di una o più dita e rendendo impossibile la completa apertura della mano.

Esistono numerosi fattori di rischio associati allo sviluppo della malattia di Dupuytren. Questi includono tra gli altri: genetica (ereditaria), diabete, consumo eccessivo di alcol, epilessia. Nella stragrande maggioranza dei casi non sappiamo perché i pazienti sviluppino la malattia, sebbene spesso coesista una predisposizione genetica.

Quali sono i principali sintomi?
Ispessimenti, noduli e strutture simili a corde si sviluppano gradualmente facendo progressivamente piegare le dita verso il palmo della mano. Nelle fasi iniziali si creano alcuni noduli associati a lieve dolore che spesso si risolve e che non è tipico di questa malattia. Le nodularità possono restare invariate per molti anni oppure evolvere da subito in cordoni. Talvolta accanto al nodulo è presente una piccola fossetta cutanea causata dalla retrazione della cute.

Quando si formano le corde le dita spesso iniziano a piegarsi e non riescono più ad aprirsi completamente. Possono insorgere disturbi come:
• incapacità di posizionare la mano piatta su un tavolo
• difficoltà a lavarsi il viso
• incapacità di mettere una mano in tasca o indossare un guanto
• problemi a stringere la mano.

La contrattura di Dupuytren in genere progredisce molto lentamente in un periodo di anni, ma ognuno ha la sua storia e talvolta possiamo riscontrare una rapida evoluzione. Alcuni pazienti con malattia di Dupuytren possono sviluppare l’ispessimento della fascia in altre zone tra cui i piedi (malattia di Ledderhose) o sul pene (malattia di Peyronie).

Esame clinico
La malattia è generalmente molto facile da diagnosticare e ha un aspetto molto caratteristico.
Un semplice test per cercare di valutare la gravità della malattia è il “test da tavolo”. Al paziente viene chiesto di poggiare la mano piatta sul tavolo. Se ciò non è possibile, è probabile che la malattia possa richiedere un intervento chirurgico in futuro.

Indagini
Di solito nessuna indagine strumentale è richiesta poiché la condizione è molto facile da diagnosticare.

Trattamento non chirurgico
In molti casi, la contrattura di Dupuytren progredisce molto lentamente e può rimanere abbastanza lieve da non richiedere alcun trattamento. Un attento monitoraggio clinico può essere intrapreso nelle fasi iniziali, caratterizzate dalla presenza di noduli senza retrazioni delle dita.

Nel 2012 è stato rilasciato in commercio un farmaco a base di collagenasi, chiamata Xiapex, per trattare la malattia di Dupuytren. Purtroppo Xiapex è stato rimosso dall’uso clinico, per motivi commerciali e non è più disponibile. Questo trattamento si è rivelato molto utile ed efficace, tuttavia si stanno diffondendo per via sperimentale nuove formule di collagenasi per il trattamento non chirugico di questa patologia.

Una valida alternativa è rappresentata dalla fasciotomia percutanea ad ago. Con questa procedura ambulatoriale, eseguita in anestesia locale, è possibile trattare forme semplici di Dupuytren. Con una semplice manovre ad ago è possibile rompere le corde tendine e permettere alle dita di potersi aprire nuovamente.

Trattamento chirurgico
In casi avanzati la contrattura di Dupuytren rende difficile raddrizzare le dita interessate. Quando ciò accade, potrebbe essere necessario un trattamento chirurgico per ridurre la contrattura e migliorare il movimento delle dita. L’intervento viene eseguito con procedura day surgery in anestesia locale o locoregionale (dell’intero braccio). Viene solitamente eseguita un’incisione a zigzag nel palmo e lungo le dita. Molta attenzione viene riservata a non lesionare nervi e vasi sanguigni mentre viene tolta la fascia palmare patologica, con conseguente recupero dell’estensione digitale. Occasionalmente, nei casi più avanzati, è necessario posizionare un innesto cutaneo sulla ferita. La pelle viene suturata con punti riassorbibili e viene applicata una stecca di gesso per l’immobilizzazione in estensione per circa 2 settimane.

Un trattamento chirurgico eccessivamente procrastinato può favorire l’insorgenza di rigidità articolari che possono precludere un completo recupero dell’articolarità delle dita colpite. Qualunque sia la qualità ed il tipo di trattamento, la malattia presenta capacità di recidivare.

Riabilitazione post-operatoria
L’anestetico locale svanirà dopo alcune ore. L’analgesia semplice che controlla il dolore dovrebbe essere iniziata prima che l’anestetico sia svanito. La mano deve restare sollevata il più possibile per i primi 5 giorni per evitare che la mano e le dita si gonfino. È incoraggiato il movimento precoce. I punti della pelle sono generalmente assorbibili e si dissolvono in un periodo di 2 settimane. Il terapista applicherà una stecca notturna a riposo che dovrebbe essere utilizzata per ulteriori 30gg.

Ritornare alle attività della vita quotidiana
Il mio consiglio è di mantenere la ferita coperta, pulita e asciutta per circa 20 giorni.

Ritorno alla guida
La mano deve avere il pieno controllo del volante in caso di emergenza. Il ritorno al controllo sicuro di un veicolo varia da individuo a individuo, ma spesso i pazienti possono guidare dopo la rimozione dei punti.

Ritorno al lavoro
Ognuno ha ambienti di lavoro diversi. Le prime attività alla scrivania possono riprendere immediatamente, ma il ritorno a un lavoro manuale pesante dovrebbe essere evitato per circa 4-6 settimane.

L’artrosi alle mani è una condizione infiammatoria cronica, che si caratterizza per la degenerazione progressiva e inesorabile della cartilagine appartenente alle articolazioni delle dita della mano. Nota anche come osteoartrite alle mani, l’artrosi alle mani è una malattia più frequente tra le persone di età avanzata, le donne, i soggetti vittime in passato di traumi alle mani e le persone obese. Le sedi più comuni dell’artrosi alle mani sono: il polso, l’articolazione carpo-metacarpale del pollice, le articolazioni interfalangee prossimali e le articolazioni interfalangee distali.
Cos’è?
L’artrosi alle mani è una malattia infiammatoria cronica, caratterizzata dalla degenerazione progressiva e inesorabile della cartilagine articolare appartenente alle articolazioni della mano.
Quali sono le Cause?
Dal punto di vista patofisiologico, l’artrosi alle mani compare per effetto di quel processo di degenerazione della cartilagine articolare di cui si è parlato nel capitolo precedente. Infatti, la degenerazione della cartilagine articolare comporta un assottigliamento progressivo dello strato cartilagineo; a sua volta, l’assottigliamento progressivo dello strato cartilagineo fa sì che le porzioni ossee delle articolazioni sopraccitate (articolazione del polso, articolazione carpo-metacarpale del pollice ecc) sfreghino tra di loro, rendendosi protagoniste di un fenomeno del tutto anomalo, che determina infiammazione.
Fattori di Rischio di Artrosi alle Mani
I fattori di rischio dell’artrosi alle mani sono numerosi; tra i più importanti, rientrano: l’età avanzata, l’appartenenza al sesso femminile, una storia passata di infortuni alle articolazioni della mano, l’obesità e particolari attività lavorative di tipo manuale.
Quali sono i principali sintomi?
I tipici sintomi dell’artrosi alle mani consistono in:
• Rigidità delle articolazioni interessate;
• Dolore profondo e struggente, che è più intenso al mattino, subito dopo il risveglio, e si acuisce durante particolari movimenti delle mani;
• Gonfiore;
• Riduzione più o meno marcata della mobilità articolare.
L’eventuale presenza di altri sintomi e/o segni dipende da quali articolazioni colpisce l’artrosi. Per esempio, l’artrosi alle mani che interessa le articolazioni interfalangee distali è responsabile di particolari rigonfiamenti tra le seconde e le terze falangi, noti come noduli di Heberden. L’artrosi alle mani che colpisce le articolazioni interfalangee prossimali, invece, è causa di particolari protuberanze tra le prime e le seconde falangi, identificate con il termine medico di noduli di Bouchard. Alla luce di ciò, quindi, si può concludere che il quadro sintomatologico dell’artrosi alle mani comprende una serie di manifestazioni cliniche generiche, indipendenti dalle articolazioni delle mani coinvolte, e una serie di manifestazioni cliniche specifiche, dipendenti dalle articolazioni soggette a infiammazione.
Diagnosi
In genere, per una diagnosi corretta di artrosi alle mani sono sufficienti un accurato esame obiettivo e un’attenta anamnesi. Il ricorso a test di diagnostica per immagini (raggi X, scintigrafia ossea ecc) avviene soltanto in situazioni dubbie o quando risulta necessario approfondire l’entità della degenerazione cartilaginea.
Trattamento conservativo
Tra i trattamenti conservativi per l’artrosi alle mani, rientrano: il riposo, l’applicazione di ghiaccio sulle zone maggiormente dolenti almeno 4-5 volte al giorno, la somministrazione di farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS), l’utilizzo di tutori particolari, l’applicazione di creme contenenti capsaicina sulla cute delle mani, la somministrazione di corticosteroidi tramite iniezioni dirette nelle articolazioni dolenti e la fisioterapia, per l’allungamento dei legamenti e dei muscoli della mani.
Terapia Chirurgica
Esistono diverse tipologie d’intervento chirurgico:
• La ricostruzione della o delle articolazioni danneggiate, con l’inserimento di protesi o tessuti sintetici (legamenti sintetici, tendini sintetici ecc);
• La fusione delle porzioni ossee coinvolte nella o nelle articolazioni infiammate (operazione di artrodesi);
• La rimozione del tessuto osseo in eccesso. Questo tipo d’intervento è indicato in presenza di un’artrosi alle mani che colpisce le articolazioni interfalangee prossimali e/o distali.

Il dito a martello è una lesione dell’apparato estensore che estende-apre l’ultima articolazione dell’estremità di un dito. Sebbene sia noto anche come “dito da baseball”, questa lesione può capitare a chiunque quando un oggetto inflessibile (come una palla) colpisce la punta di un dito e lo costringe a piegarsi più di quanto dovrebbe. Di conseguenza, si rompe il tendine comportando l’incapacità di raddrizzare la punta del dito da solo.
In alcuni casi un piccolo pezzetto di osso viene tirato via insieme al tendine, si parla quindi di lesione di Segond-Bush. Le lesioni che non vengono trattate in genere provocano rigidità e deformità del polpastrello che resta piegato. La maggior parte delle lesioni può essere trattata senza intervento chirurgico con una stecca di metallo. Se il frammento osseo è però di maggiori dimensioni allora sarà consigliato un trattamento chirurgico.

Cos’è?
I tendini sono tessuti che collegano i muscoli alle ossa. I muscoli che muovono le dita si trovano lontani nell’avambraccio ma lunghi tendini attraversano il dorso del polso e della mano e vanno ad attaccarsi alle piccole ossa delle dita. I tendini estensori hanno il compito di estendere o raddrizzare le dita. I tendini flessori sul palmo della mano flettono o piegano le dita.
Il dito a martello (o “mallet finger”) è una lesione al tendine estensore che estende l’articolazione dell’estremità di un dito o del pollice. Come conseguenza non sarà più possibile estendere o tenere dritta la punta del dito lungo o del pollice.

Chi colpisce e perchè si verifica?
Quando un dito in estensione urta con forza il suo apice, si piega improvvisamente e rompe il tendine estensore che mantiene estesa l’articolazione. Questa forte trazione del tendine può determinare l’avulsione di un frammento osseo, che non è altro che il risultato di una forte trazione del tendine dalla sua inserzione ossea. (“lesione di Segond-Bush”). Sebbene sia noto anche come “dito da baseball”, questa lesione può capitare a chiunque, per esempio durante l’attività sportiva quando un oggetto inflessibile (come una palla) colpisce la punta di un dito  e lo costringe a piegarsi più di quanto dovrebbe andare.

Quali sono i principali sintomi?
Improvvisa incapacità di estendere completamente l’articolazione finale del dito. Di conseguenza l’articolazione viene obbligatoriamente tenuta in posizione piegata. Il dito è solitamente doloroso, gonfio e contuso. La punta del dito si abbasserà notevolmente e si raddrizzerà solo se sollevata con l’altra mano.

Trattamento conservativo
Le dita a martello che non vengono trattate in genere provocano rigidità e deformità in flessione del polpastrello del dito. La maggior parte di queste lesioni però non necessitano di un’operazione chirurgica. Una stecca metallica o un tutore su misura possono essere applicati sulla parte anteriore del dito per tenere estesa l’articolazione e far guarire il tendine nella posizione corretta per 6-8 settimane. Il trattamento medico è necessario per garantire che il dito riacquisti la massima funzionalità possibile ed il tutore non dovrà mai essere rimosso fino a guarigione. Se il tutore viene rimosso e la punta del dito si abbassa del tutto, la guarigione del tendine viene interrotta e dovrai indossare il tutore per un periodo di tempo più lungo.

La maggior parte dei medici consiglia di iniziare il giusto trattamento entro una settimana dall’infortunio. Tuttavia, in rari casi in cui il trattamento è stato ritardato fino ad un mese dopo l’infortunio, la completa guarigione è stata comunque raggiunta.

Nei bambini, le lesioni alle dita del martello possono coinvolgere la cartilagine che controlla la crescita ossea. Il medico deve valutare e trattare attentamente questa lesione nei bambini, in modo che il dito non si deformi.

Trattamento chirurgico
Se la radiografia rivela che il tendine ha strappato un grande frammento di osso e l’articolazione è sublussata, è consigliato un intervento chirurgico.
Questo viene eseguito in anestesia locale utilizzando fili metallici sottili che mantengono i frammenti ossei e l’articolazione nella giusta posizione per far guarire sia l’osso che il tendine. I fili vengono mantenuti per 4-6 settimane fino a guarigione.

Le cisti sono neoformazioni cave contenenti liquido sinoviale ovvero piccoli “sacchetti” in cui si raccoglie il liquido presente nelle articolazioni o nelle guaine di tendini. Spesso, infatti, la cisti rappresenta il risultato del persistente accumulo di un’eccessiva quantità di liquido nell’articolazione o nella guaina tendinea, dovuta a fenomeni di tipo infiammatorio. L’aumento di pressione che ne deriva “sfianca” la parete dell’articolazione che estroflettendosi, forma così la parete della cisti. Il contenuto è un fluido denso e viscoso simile a quello che lubrifica le articolazioni.

Nella mano possiamo riconoscere diversi tipi di cisti: quelle tendinee che originano vicino ad un tendine e che prendono origine dalla sua guaina, quelle articolari note anche con il nome di gangli artrogeni o igromi. Le cisti del polso sono le neoformazioni benigne più comuni del corpo umano; si possono presentare in diverse posizioni ma più frequentemente si localizzano sul dorso in corrispondenza dell’articolazione tra avambraccio e mano.  Considerato che al loro interno posseggono del liquido sinoviale la consistenza è morbida, densa o gelatinosa. Tuttavia quando presente da molto tempo tende ad assumere una consistenza più tesa. Queste cisti sono piene di liquido e possono crescere rapidamente oppure scomparire per diverso tempo e poi ripresentarsi ancora magari cambiando forma.

Le cisti possono svilupparsi anche nelle altre articolazioni della mano sia sul dorso che sul palmo, così come nelle articolazioni delle dita, come conseguenza del fenomeno artrosico. Meno frequenti ma da non dimenticare sono le cisti ossee: nella maggioranza dei casi la diagnosi delle stesse avviene tramite una radiografia poiché non si rendono visibili dall’esterno. In taluni casi, quando molto grosse, possono portare alla deformazione dell’osso che può palesarsi esternamente come un rigonfiamento visibile.

Quali sono le cause?
Non è chiaro il meccanismo che da origine alla cisti, queste sono più frequenti in età compresa fra i 15 e i 40 anni e il sesso femminile sembra essere più colpito. Sono maggiormente riscontrate in giovani sportivi o lavoratori che utilizzano molto le articolazioni del polso e della mano o in pazienti con una storia passata di traumi alle articolazioni e/o ai tendini. Le cisti che si sviluppano a livello delle dita (cisti mucose) sono tipicamente associate ad artrite e artrosi delle articolazioni e si verificano più frequentemente nelle donne di età compresa fra i 40  e i 70 anni.

Quali sono i principali sintomi?
La maggior parte delle cisti forma un nodulo di consistenza duro-elastica visibile sotto la pelle, tuttavia se di piccole dimensioni possono non vedersi ma essere percepite comunque dal paziente. È inoltre possibile che in caso di ingrossamento significativo, le cisti possano produrre difficoltà nel movimento delle articolazioni interessate. Solitamente sono asintomatiche ma a volte, se comprimono strutture tendinee o nervose, possono dare sintomi come formicolio, dolore e diminuzione della forza muscolare e/o del movimento. La presenza di una cisti alla base di un dito sul versante palmare può determinare uno scatto o un blocco del dito in flessione (dito a scatto). È importante sottolineare che spesso non è la cisti di per sé a provocare dolore ma la patologia che ne è la causa: una infiammazione tendinea, un’alterazione legamentosa a livello articolare, il fenomeno erosivo artrosico…. Non è quindi scontato che “tolta la cisti, tolto il dolore”.

Trattamenti
Il ganglio cistico come lesione assolutamente benigna, può non essere asportato e a volte può scomparire con il tempo ed il riposo quindi se non si hanno sintomi si può non intervenire chirurgicamente. A volte è il Paziente a richiederne la rimozione per motivi estetici.
L’immobilizzazione può far riassorbire la cisti poiché l’utilizzo articolare frequente spesso ne aumenta le dimensioni e rifornendola di liquido. Un tutore di polso potrà essere consigliato come trattamento notturno per 1 o 2 mesi.

Se il ganglio si ingrossa velocemente e determina dolore può essere asportato chirurgicamente. Si sconsiglia l’aspirazione del liquido dalla cisti che non è in grado di eliminare la formazione cistica poiché la connessione alla guaina articolare o tendinea non viene chiusa o asportata e in tempi brevi la cisti potrà riformarsi.

L’intervento chirurgico di asportazione della cisti può essere eseguito qualora vi siano sintomi di dolore e limitazione della funzione articolare o formicolio legato alla compressione sulle strutture nervose circostanti. La chirurgia comporta l’incisione della pelle, l’isolamento della cisti e del tramite cistico ovvero la sua connessione con la capsula o la guaina dei tendini, l’escissione e la successiva chiusura del tramite. E’ una procedura che avviene in regime di Day-Hospital in anestesia locale o di plesso a seconda della sede e della natura della cisti. Dopo l’intervento si può riprendere immediatamente l’uso della mano per le attività quotidiane.

Ossa, legamenti, tendini e articolazioni che permettono alle nostre mani e ai nostri polsi di svolgere la loro funzione sono talmente numerosi che la possibilità di un evento traumatico durante il loro impiego è assai alta. Una possibilità ancora più elevata negli atleti, chiamati a portare oltre il limite intensità, frequenza e ripetitività dei gesti. Tuttavia, se affrontati correttamente, la maggior parte degli infortuni possono guarire in tempi brevi e senza postumi invalidanti.

Quali sono i traumi più comuni a carico delle mani durante la pratica sportiva?
I traumi possono essere classificati in due categorie principali: lesioni traumatiche e lesioni legate a un uso eccessivo, il cosiddetto “overuse”. Le lesioni di tipo traumatico sono più frequenti negli atleti che praticano sport di contatto (calcio, basket, hockey, sport da combattimento), mentre le lesioni da overuse coinvolgono prevalentemente atleti che praticano sport che richiedono la pratica intensa e ripetitiva di un particolare movimento (baseball, tennis o golf).

Quali sono le lesioni alle mani nelle quali incappano con maggiore frequenza gli atleti?
Alcune delle lesioni traumatiche più comuni sono le lussazioni articolari, le distorsioni, gli stiramenti muscolari, le fratture e le lesioni tendinee e legamentose. Le fratture più comuni colpiscono le dita proprio per la loro estrema mobilità e nel contempo fragilità che le contraddistingue. Le patologie da stress comprendono infiammazioni tendinee, compressioni nervose e fratture da stress. Queste lesioni causano più raramente gravi disabilità, ma se non trattate in maniera adeguata possono compromettere la performance dell’atleta in maniera importante e per lunghi periodi.

Cosa fare in caso di un trauma alla mano o al polso?
Se si verifica un infortunio alle mani o al polso durante la pratica sportiva, nel caso in cui non sia presente il medico sportivo, è assolutamente necessario rivolgersi a un pronto soccorso attrezzato con un Servizio di chirurgia della mano. Questo è tanto più importante e urgente se è presente uno dei seguenti sintomi: dolore intenso, gonfiore importante, intorpidimento delle dita, ipotermia o deficit di vascolarizzazione, viziata rotazione del dito, sanguinamento importante o che non si arresta nel giro di pochi minuti.

A volte i problemi possono invece essere di natura infiammatoria. Come bisogna comportarsi?
Se uno sportivo comincia ad avvertire i sintomi di una condizione di affaticamento o di infiammazione è importante che si fermi e metta in atto tutti quei rimedi atti a risolvere i sintomi precocemente. In queste fasi diventano fondamentali il riposo, il ghiaccio, l’impiego di farmaci anti-infiammatori e il mantenimento in scarico del segmento colpito dal processo infiammatorio. Se i sintomi persistono per più di due settimane, è assolutamente consigliato rivolgersi a uno specialista della mano per ottenere una corretta diagnosi ed eventualmente intraprendere da subito il miglior percorso terapeutico.

Quali opzioni di trattamento sono disponibili per gli infortuni alle mani e al polso?
Il tipo di trattamento dipende da molti fattori: la sede di lesione, il tipo, il tempo di insorgenza, la gravità e le esigenze del singolo atleta. Alcune condizioni richiedono necessariamente l’impiego della chirurgia, in altri casi un corretto protocollo conservativo può risolvere il problema, in altri ancora la decisione viene presa insieme al paziente, discutendo a fondo con lui i vantaggi e gli svantaggi di un approccio nei confronti di un altro.

Si possono prevenire i traumi alla mano?
Indossare protezioni idonee all’attività che si sta svolgendo e praticare un corretto riscaldamento prima di cominciare l’esercizio sono solo un paio di modi per prevenire lesioni traumatiche alla mano o al polso. Sicuramente il “taping” o, come si dice oggi in gergo, il “nastramento delle dita” riveste un ruolo fondamentale nella prevenzione delle lussazioni e delle distorsioni delle piccole articolazioni delle dita, soprattutto durante la pratica di sport come il basket, la pallavolo e la pallamano. Per quanto riguarda invece la prevenzione delle condizioni patologiche da stress, è assolutamente fondamentale rispettare la fatica prendendosi le corrette pause, utilizzare posture corrette, impiegare la tecnica più indicata e utilizzare presidi di protezione quando disponibili.

Le lesioni del legamento collaterale del pollice, più comunemente del legamento collaterale ulnare (LCU), sono lesioni tipiche degli atleti a seguito di traumi distorsivi della mano. Quando una forte forza piega il pollice all’indietro, lontano dal palmo della mano, i legamenti che stabilizzano il pollice vengono sollecitati oltre il loro limite e possono andare incontro a rottura. La maggior parte delle distorsioni del pollice coinvolgono il legamento collaterale ulnare, che è il legamento più importante per la stabilità del dito durante le funzioni di presa. Il mancato trattamento di queste lesioni può rendere il pollice instabile e potrebbe indebolire la tua capacità di presa nell’afferrare gli oggetti. La diagnosi si basa essenzialmente sull’esame clinico con le manovre di stress radiale-ulnare dell’articolazione del pollice. Nei casi dubbi il medico potrà avvalersi dell’utilizzo di esami strumentali. Il trattamento delle lesioni di I e II grado consiste nell’utilizzo di un tutore o di una stecca gessata per impedire al pollice di muoversi mentre il legamento guarisce. Per distorsioni più gravi, potrebbe essere necessario un intervento chirurgico per ripristinare in modo affidabile la funzione del legamento e la stabilità dell’articolazione.

Cos’è?
I legamenti sono tessuti forti e fibrosi che collegano tra di loro le ossa di un’articolazione. Aiutano a mantenere le ossa in posizione corretta e stabilizzano l’articolazione.
Nel pollice è tipica la lesione o rottura del legamento collaterale ulnare dell’articolazione tra metacarpo e falange. Questo legamento è il principale stabilizzatore del pollice durante le funzioni di presa ed è quello che più frequentemente viene sollecitato e va incontro a lesione durante un trauma distorsivo del primo dito.

Chi colpisce e perchè si verifica?
La rottura del legamento collaterale ulnare del pollice si verifica spesso negli sportivi a seguito di collisioni o cadute ed è la più comune lesione dello sciatore a seguito di urto del pollice contro l’impugnatura del bastoncino da sci. Per questo motivo la lesione viene chiamata anche “pollice dello sciatore”.

La lesione si verifica quando il pollice viene sollecitato eccessivamente in apertura e rompe il legamento. Il modo più comune in cui ciò si verifica è cadere su una mano tesa, in cui i legamenti che stabilizzano il pollice vengono sollecitati oltre il loro limite e vanno incontro a rottura.

Quali sono i principali sintomi?
I pazienti presentano dolore all’interno del pollice, difficoltà di movimento con limitazione funzionale ed anche un senso di debolezza del pollice, a causa dell’instabilità. Il dolore tende a diffondersi su tutta l’articolazione ma sarà accentuato verso il lato dove è presente la lesione del legamento. Dopo qualche giorno è talvolta possibile apprezzare una piccola tumefazione come un “pallino”, segno dell’avulsione del legamento. A seconda della gravità della distorsione, il dolore può verificarsi o meno al momento della lesione. 
L’articolazione del pollice potrebbe risultare instabile con difficoltà ad afferrare gli oggetti tra il pollice e l’indice.

Il medico valuterà l’area di dolore e muoverà delicatamente il pollice con dei movimenti di stress radiale-ulnare per testare la stabilità dell’articolazione e capire il grado di rottura del legamento. Dopo alcuni giorni può talvolta essere percepita una piccola tumefazione, che suggerisce la rottura dell’estremità del legamento. Il legamento collaterale ulnare può lacerarsi in diversi modi.

Le distorsioni vengono classificate, a seconda del grado di lesione, in:
• Distorsione di grado 1 (lieve): i legamenti sono allungati, ma non strappati.
• Distorsione di grado 2 (moderata): i legamenti sono parzialmente strappati. Questo tipo di lesione può comportare una perdita di funzionalità.
• Distorsione di grado 3 (grave): il legamento è completamente strappato. Se il legamento si strappa dall’osso, potrebbe portare con sé un piccolo frammento dell’osso (questa avulsione è chiamata “lesione di Stener”).

La diagnosi e il trattamento corretti di una lesione del pollice sono necessari per evitare complicazioni a lungo termine, inclusi dolore cronico, instabilità e artrite.

Indagini
Verranno eseguite radiografie semplici, che potranno mostrare una piccola frattura, segno indiretto di lesione legamentosa. Nei casi dubbi il medico può eseguire radiografie sotto sforzo, in anestesia locale. Un aumento dell’instabilità, rispetto al lato opposto, è indicativo di una lesione del legamento. La diagnosi è spesso una diagnosi clinica e raramente sono necessari esami di secondo livello come ecografie e Risonanza Magnetica.

Trattamento
Le lievi distorsioni del pollice di solito migliorano con il trattamento domiciliare che include riposo (cerca di non usare la mano per almeno 48 ore), ghiaccio, compressione mediante bendaggio elastico e farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS) che possono aiutare a ridurre il dolore e il gonfiore. Se il dolore e il gonfiore persistono per più di 48 ore, tuttavia, consultare un medico.

Trattamento conservativo
Nelle distorsioni lievi o moderate, senza franca rottura completa del legamento collaterale ulnare, il medico potrà immobilizzare l’articolazione del pollice con una stecca gessata o un tutore fino a quando la distorsione non guarirà. Sarà importante evitare di applicare qualsiasi pressione o resistenza al pollice fino a quando non verrà consentito dal proprio medico di fiducia.
Poiché l’immobilizzazione può causare una certa rigidità nell’articolazione del pollice, il medico potrà consigliare alcuni esercizi di stretching per recuperare il completo movimento.
Sebbene piccole lacerazioni del legamento possono essere trattate con un tutore di immobilizzazione per 3-6 settimane, la stragrande maggioranza delle lesioni del legamento collaterale ulnare del pollice (pollice dello sciatore) viene trattata chirurgicamente. Ciò è dovuto al fatto che una volta che il legamento si rompe, si ribalta e si interpone a un tendine vicino. Ciò impedisce alle estremità del legamento di guarire direttamente l’una con l’altra.

Trattamento chirurgico
Nelle distorsioni più gravi, con lesione completa del legamento, sarà necessario un intervento chirurgico per ripristinare la stabilità dell’articolazione del pollice. L’intervento chirurgico prevede la riconnessione del legamento all’osso e/o la riparazione della frattura da avulsione utilizzando uno speciale ancoraggio osseo attraverso una piccola incisione cutanea.

Riabilitazione post-operatoria
I pazienti indosseranno una stecca di immobilizzazione del pollice per circa 4 settimane. Tuttavia, non è consentito eseguire stress eccessivi sul pollice e sul legamento riparato per le prime 6-8 settimane. Il ritorno alle complete attività di vita quotidiana avviene dopo 4-6 settimane.

I tendini sono strutture di connettivo fibro-elastico che consentono ai muscoli di trasferire la loro azione meccanica all’osso o alla pelle. Quelli della mano per la maggior parte decorrono dall’avambraccio alle dita e sono indispensabili per fletterle, estenderle. Grazie alla loro funzione è possibile eseguire un’infinità di movimenti, indispensabili per vivere il quotidiano. Per questo motivo una lesione ai tendini della mano può essere fortemente invalidante. Le lesioni sono generalmente causate da ferite da taglio o fratture, ma possono essere provocate anche da urti violenti o sforzi eccessivi.

I tendini della mano si suddividono in due principali gruppi, in base alla funzione che svolgono: tendini estensori e flessori.
• Estensori: ne esiste uno per ogni dito e ne sono presenti tre in più, uno per il mignolo, uno per l’indice e uno per il pollice. Sono particolarmente soggetti a lesioni dovute a ferite superficiali perché si trovano immediatamente sotto alla cute, sul dorso della mano. Se la lesione è totale, diventa impossibile per il paziente estendere il dito.
• Flessori: ad eccezione del pollice, ogni dito ha due tendini flessori, quello superficiale e quello profondo. Il primo è indispensabile per piegare le dita al livello della prima articolazione interfalangea, mentre il secondo permette di flettere l’ultima falange. Si trovano sul versante palmare delle dita.

Una lesione dei tendini della mano può causare l’impossibilità a muovere una o più dita, in base a quali tendini vengano coinvolti, e provocare delle deformità: se non corrette in tempo, le articolazioni diventano rigide e rendono impossibile il movimento anche passivo. Esiste ad esempio il “dito a martello” se la lesione interessa l’estensore nella regione più distale delle dita o la lesione a “bottoniera” se localizzata al livello dell’articolazione interfalangea prossimale. Solitamente bisogna intervenire attraverso un delicato intervento chirurgico, associato all’utilizzo di strumentazioni di supporto come il filo di Kirschner o altri dispositivi. A seguito dell’intervento sarà necessario procedere con trattamenti fisioterapeutici per riacquistare la mobilità, con esercizi mirati e tutori specifici. Il tempismo è fondamentale per il trattamento di queste patologie, perché il rischio di non poter recuperare la completa funzionalità delle dita è particolarmente elevato.

Quali sono i principali sintomi?
I sintomi associati alle lesioni dei tendini della mano dipendono molto dalla causa scatenante. A prescindere dal tipo di ferita, che sia aperta o sottocutanea, è l’atteggiamento del dito a segnalare la possibile lesione tendinea. Se non si riesce a flettere o estendere una o più dita della mano, è necessario recarsi al pronto soccorso o in una clinica specializzata.
Un altro campanello d’allarme è la mancanza parziale o totale di sensibilità nella regione interessata, dovuta alla lesione di nervi sensitivi adiacenti.

Quali sono le cause?
Le cause più frequenti sono le ferite da taglio, dette lesioni aperte. Quando si utilizza un coltello in cucina, per esempio, è possibile ferirsi e danneggiare un tendine. Alcuni lavori richiedono l’utilizzo di attrezzi pericolosi che possono facilmente procurare lesioni aperte se non maneggiati con le dovute precauzioni. Sono considerate lesioni aperte anche quelle dovute a fratture esposte, ossia quando in seguito ad una caduta o un trauma violento, l’osso fratturato fuoriesce dalla cute ed è visibile ad occhio nudo. Anche dei traumi “chiusi” da strappamento possono provocare lesioni ai tendini della mano, sebbene l’incidenza sia nettamente inferiore. Queste avvengono per sforzi eccessivi, movimenti bruschi e poco naturali o impatti violenti. Probabilmente, in questi casi, i tendini lesionati erano già usurati per via di patologie croniche come l’artrite reumatoide o l’artrosi.

Diagnosi
Il motivo scatenante alla base della lesione del tendine guida l’iter della diagnosi. In presenza di lesioni aperte, si diagnostica la patologia attraverso un semplice esame clinico. Più difficile è riconoscere una lesione chiusa, che potrebbe richiedere diversi esami di tipo strumentale di imaging, come l’ecografia o la risonanza magnetica.

Soggetti a Rischio
La lesione ai tendini della mano è una patologia che può interessare chiunque, a qualsiasi età e di qualunque sesso. Nonostante questo, esistono delle categorie più esposte a questo tipo di problemi. Chi lavora con attrezzi pesanti e taglienti corre ovviamente un rischio maggiore, poiché esiste le possibilità di rimanere vittima di incidenti sul lavoro e ferirsi alle mani. Non a caso sono sempre obbligatori i dispositivi di sicurezza per minimizzare il rischio di tali incidenti. Anche nello sport la possibilità di infortunarsi e subire una lesione ai tendini della mano è piuttosto elevata: pensiamo ai giocatori di basket, pallavolo e rugby, per esempio, e a come interagiscono con il pallone e gli avversari. La lesione del tendine flessore profondo con distacco parziale dell’osso è conosciuta anche come “rugby finger”, non a caso. Nel basket è frequente lesionare i tendini quando si salta a canestro o si cerca di intercettare un passaggio. Stesso concetto può essere applicato alla pallavolo e al rischio che si corre saltando a muro per intercettare una palla che viaggia a più di 100 km/h. Gli anziani sono un’altra categoria a rischio, soprattutto per quanto riguarda le lesioni chiuse, poiché i tendini tendono a degenerarsi fisiologicamente con l’avanzare dell’età e perdono elasticità con l’artrosi.

Trattamento e Cura
La grande maggioranza delle lesioni dei tendini della mano viene trattata per via chirurgica e solo una piccola percentuale guarisce attraverso la semplice terapia conservativa.

A seconda del tipo di lesione cambiano le modalità chirurgiche:

Se un tendine viene completamente reciso, è necessario suturare i due capi assieme per ripristinare la normale funzionalità. Dal momento che questi fasci fibrosi hanno qualità simili a quelle di un elastico, una volta tagliati si ritraggono. Per questo è spesso necessario ampliare le dimensioni della ferita per poterla esplorare e recuperare le due estremità del tendine.
Se il tendine è solamente strappato, sarà necessario riattaccarlo all’osso in modo da ristabilire la normale struttura della mano.

L’unica situazione in cui non è richiesto sempre il trattamento chirurgico è per la cura del dito a martello. In questi casi è sufficiente portare un tutore in iperestensione per quasi due mesi e proseguire il lavoro di riabilitazione con un tutore part-time per un altro mese.

Percorso riabilitativo
Dopo il trattamento chirurgico inizia il periodo di riabilitazione. In questa fase è necessario seguire un percorso fisioterapico precoce in concomitanza con l’uso di tutori o splint. Così è possibile evitare conseguenze spiacevoli e perdite importanti di mobilità. In ogni caso è importante ricordare che un recupero completo è pressoché impossibile.

I tempi di guarigione e riabilitazione dipendono da molti fattori:
• Qualità del percorso fisioterapico;
• Entità della lesione;
• La causa;
• L’età del paziente;
• La presenza e la correlazione con altre patologie.

In linea di massima, un percorso di guarigione completo richiede non meno di 3 mesi.

Su entrambe i lati del versante palmare delle dita decorrono i nervi digitali che si occupano della sensibilità delle dita. Questi possono essere lesionati anche da piccole ferite penetranti (con punta di coltello, cacciavite, ecc.). La lesione dei nervi digitali si manifesta con la comparsa di formicolio e deficit di sensibilità all’apice del dito. In caso di ferite puntiformi si può attendere 5-7 giorni e valutare se la sensibilità recupera spontaneamente (il nervo potrebbe essere solo contuso dal trauma). In caso invece di persistenza del deficit della sensibilità deve essere eseguita una esplorazione chirurgica del nervo per eseguirne la riparazione con tecnica micro chirurgica.

In genere nel post-operatorio il dito viene immobilizzato per circa 15 giorni; il recupero della sensibilità puo’ non essere totale ed avviene a distanza di alcuni mesi.

Le lesioni dei nervi digitali non riparate, possono determinare l’insorgenza a distanza di una importante sintomatologia dolorosa con sensazione di scossa a livello della cute al di sopra della lesione, detta “causalgia”, dovuta in genere alla formazione di un “neuroma da amputazione” del nervo. In questo caso può essere eseguita la asportazione chirurgica del neuroma doloroso e riparata la perdita di sostanza del nervo digitale residuo con un innesto nervoso.

Le deformità ungueali sono alterazioni patologiche dell’unghia che comportano una crescita irregolare di esse. Le unghie tendono ad aumentare eccessivamente di spessore rendendole molto dure, a cambiare colore in giallo-brunastro e ad incurvarsi verso il basso (“Unghia ad artiglio”).

Quali sono i principali sintomi?
I principali sintomi sono: dolore da compressione dato dallo sfregamento dell’unghia inspessita all’interno della calzatura, callosità al disotto e intorno all’unghia e infiammazione intorno all’unghia.

Quali sono le cause?
Le cause potrebbero essere: i microtraumatismi ripetuti dell’unghia contro la calzatura durante la deambulazione, calzature strette e rigide in punta oppure di
un numero più grande che creano uno scivolamento del piede in avanti, trauma diretto sull’unghia, deformità delle dita, malattie istemiche e infezione fungina.

Il neuroma è una delle patologie più frequenti nella chirurgia della mano. La mano è esposta a numerosi traumi, come lesioni da taglio, da punta, da schiacciamento o trazione, alcuni dei quali possono causare la lesione di uno o più nervi digitali. A seguito di un trauma che ha comportato la lesione totale o parziale di uno o più nervi, le fibre nervose che ricrescono dall’ estremità prossimale verso le dita potrebbero non tutte seguire la via corretta di rigenerazione lungo il nervo. In questo caso, queste fibre possono arrestarsi sulla cicatrice interna al nervo e formare un nodulo complesso che prende proprio il nome di neuroma. Spesso ne sono affetti i monconi di amputazione delle dita e nella maggior parte dei casi il neuroma richiede un’asportazione chirurgica precisa a cui, in base alle circostanze, può seguire la ricostruzione del nervo interessato con innesti autologhi o con guide neurali artificiali.

Quali sono i principali sintomi?
Il neuroma comporta nel paziente un dolore intenso e diffuso, con una sensazione di scossa elettrica sopra la lesione, anche solo sfiorando la zona interessata. Ecco perché, nei casi in cui questo risulta essere molto doloroso, può arrivare a compromettere totalmente l’utilizzo della mano.

Quali sono le cause?
Il neuroma è una patologia molto frequente, ha un’altissima probabilità di svilupparsi quando un nervo lesionato non viene riparato. Traumi come ferite da taglio, da punta, da schiacciamento, trazioni o interventi chirurgici non eseguiti correttamente sono le principali cause di formazione di neuromi.

Diagnosi
Quando si fa una valutazione clinica del neuroma, l’esame tattile è il primo passo: questo si presenta come un nodulino, ma non è sempre palpabile. In seguito, raccogliere l’anamnesi del paziente è fondamentale: sarà quest’ultimo, infatti, a riferire l’entità del dolore e se vi è, o meno, una consistente perdita di sensibilità della mano. Tuttavia, in caso di persistenza del disagio, sarà il chirurgo della mano a stabilire se sottoporre il paziente a un’indagine diagnostica più approfondita per valutare il ricorso o meno a un intervento chirurgico.

Trattamento chirurgico
Il trattamento di un neuroma doloroso, spesso riguardante i monconi di amputazione delle dita è una problematica multifattoriale, in cui giocano un ruolo chiave sia la risposta al dolore del paziente, sia la scelta dell’intervento. La ricostruzione dei nervi delle dita, a seguito dell’asportazione del nodulo, si effettua attraverso l’utilizzo di innesti nervosi (tubuli sintetici e tubuli di vena), sia in presenza che in assenza di muscolo all’interno.
La ricrescita del nervo è pari a 1 mm al giorno e spesso dipende dall’età: proprio per questo, il recupero totale delle funzionalità e della sensibilità non è immediato e, anzi, potrebbe richiedere diversi mesi. Le fibre sensitive sono complesse, proprio perché sono quelle che permettono di percepire il caldo, il freddo, le vibrazioni e il dolore e la loro ripresa è solitamente preceduta da una forte sensazione di dolore, fino alla normalizzazione.

Dopo l’intervento chirurgico, al fine di proteggere la mano, dovrà essere utilizzato un tutore per circa 4 settimane. In questo modo sarà possibile prevenire movimenti pericolosi e attraverso la mobilizzazione controllata si eviterà l’adesione del nervo riparato con i tessuti circostanti.

Infine, per il recupero totale della funzionalità della mano, sarà fondamentale effettuare un periodo di riabilitazione.

La mano, come organo ha la funzione di contatto nella quotidianità con il mondo esterno, proprio per questo suo ruolo sempre attivo è la sede sicuramente più soggetta ad eventi traumatici, a volte banali e senza significato alcuno, altre volte, invece, possono celare condizioni complesse da diagnosticare e da gestire.
Traumi contusivi e distorsivi, così come le ferite, sono all’ordine del giorno anche durante le più comuni attività quotidiane, sia lavorative che domestiche. Da questi traumi però possono scaturire fratture, lesioni legamentose, lesioni tendinee e dei nervi periferici, che se non trattate adeguatamente, soprattutto nella mano e nel polso, possono portare ad una compromissione permanente della funzionalità e della manualità sia lavorativa che ludico-sportiva. La mano è un organo altamente complesso a livello anatomico, così come le dita, subito al di sotto della cute, si trovino molteplici strutture funzionalmente complesse ed in equilibrio tra loro, in spazi molto ristretti. Ecco perché, anche traumi di minima entità, come piccole ferite, possono celare lesioni anche complesse.

Quali sono gli incidenti alla mano più frequenti?
Gli incidenti alla mano più frequenti sono: le ferite da taglio lacere, le ferite da taglio lineari, le ustioni e le fratture al polso.

Le categorie più colpite
Senza dubbio la categoria di persone più colpita è rappresentata dalle donne, in particolar modo le casalinghe.
Seguono gli anziani a causa di una riduzione delle capacità psico-fisiche dovuta al naturale processo d’invecchiamento o a problemi di salute.
Altri soggetti a rischio sono i bambini, principalmente quelli nella fascia di età da 0 a 5 anni, per la loro curiosità e il loro istinto di esplorare l’ambiente circostante senza averne piena padronanza e consapevolezza.

Cosa fare quando si è soggetti ad un evento traumatico alla mano?
Ogniqualvolta si subisca un evento traumatico, contusivo o da ferita, che provochi un dolore violento, con conseguente deformazione dell’arto, gonfiore, incapacità funzionale e nei movimenti, tumefazione ed ecchimosi ed eventualmente anche deficit di sensibilità associata alla sede della lesione, si raccomanda sempre di farsi valutare in acuto presso un pronto soccorso o da uno specialista di questo distretto corporeo, per poter confermare o escludere eventuali lesioni che, se trattate immediatamente ed in maniera corretta, permettano al paziente un pieno ripristino della funzionalità dell’arto ed una più celere ripresa delle attività manuali.

Amputazioni
In caso di amputazione traumatica di un dito o di una parte di esso, occorre avvolgere il moncone amputato in un una garza sterile bagnata e chiuderlo ermeticamente in un sacchetto (come ad esempio quelli utilizzati per la conservazione degli alimenti).
Tale sacchetto va inserito in un ulteriore sacchetto con ghiaccio e acqua, in modo da mantenere il moncone al fresco e non a diretto contatto con il ghiaccio. Per bloccare il sanguinamento della parte amputata seguire le indicazioni sopra descritte. Recarsi immediatamente al pronto soccorso.

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